Mance ai Croupier: ecco come si esprime la Cassazione
Quello che sta “tenendo banco” nelle varie riorganizzazioni dei migliori casino tricolore, sono operazioni di marketing “avveniristiche” e la gestione dei costi e delle spese. Il tema, poi, della riduzione del costo del lavoro nelle case da gioco italiane è estremamente importante perché è particolarmente sentito. Certamente, questa tematica, sopratutto in questi tempi, è di rilevante importanza e, prima di parlare di riduzione del costo del lavoro in generale per il settore, si vuole dare un’occhiata alle “mance ai croupier”, vecchio rito, mai cambiato o cancellato “dalla notte dei tempi”. Bisogna, per affrontare questo argomento, riallacciarci alla Suprema Corte di Cassazione che in questa materia si è espressa così: “Il sistema mancia è retto da un uso normativo tanto consolidato quanto idoneo ad assumere un ruolo di fonte secondaria del regime giuridico, proprio del particolare rapporto che obbliga il giocatore vincente ad elargire una parte della vincita al croupier e, questi, a ripartirla con gli altri addetti ed il gestore…”.
In pratica, da come si è espressa e si esprime la Corte di Cassazione, la mancia costituisce l’esecuzione di una obbligazione naturale: non esiste vincita… senza mancia. Questa norma, quindi, prevede una ripartizione della vincita: la parte maggiore per il giocatore e quella minore per il croupier. Ovviamente, le cifre sono un punto di domanda, ma quando la mancia viene data, qualsiasi sia l’importo, può essere ritenuta dal croupier legittimamente oggetto di una attribuzione incontestabile. Mentre il gestore non ha assolutamente titolo alla mancia, anche perché sarebbe assurdo che partecipi alla vincita chi, perdendo, la deve finanziare. Il fatto, poi, che il gestore partecipi ad una parte delle mance, che discende da un patto di devoluzione con il quale i lavoratori consentono al datore di lavoro di sottrarre parte di quanto elargito da terzi, non pare giustificato un diritto originario del gestore.
Si vuole allargare il discorso anche alla vincita al gioco ed alla vincita nei casino autorizzati aams. Naturalmente quelle vincite “agguantate” nei casinò autorizzati: sono esenti da imposizione in capo al giocatore vincente in forza dell’art.10 della Legge n.30 del 28 febbraio 1997 e seguenti, che stabilisce che “La ritenuta sulle vincite corrisposte dalle case da gioco autorizzate è compresa nell’imposta sugli spettacoli di cui all’art.3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 640”. Onestamente, sembrerebbe oltre modo assurdo che una voce di entrata fiscale fosse fiscale per la parte minore in fase di ingresso nel patrimonio del croupier e non lo fosse invece, per la parte maggiore, e cioè la vincita a favore del giocatore. Si sottolinea, in aggiunta, che il gestore è impegnato a versare una percentuale dei proventi lordi (ma mance escluse) all’ente pubblico titolare della autorizzazione al gioco. La percentuale è individuata dalla considerazione che una parte delle mance è incassata dalla gestione e ne consegue, ed è un dato di fatto, che le mance, alla fine, siano a beneficio indiretto dell’ente pubblico come sopra detto, titolare dell’autorizzazione. Le entrate relative all’ente pubblico, e derivate dalla casa da gioco, è “tributaria” e viene collocata in bilancio appunto dall’ente sul territorio dove ha la location la casa da gioco.